Riconoscimento di genitorialità di due mamme: per la cassazione è legittimo il rifiuto

Il tema della doppia genitorialità in caso di coppia di persone dello stesso sesso ha visto, nell’ultimo decennio, il moltiplicarsi di ricorsi ai tribunali nel tentativo di garantire il maggiore interesse dei figli nati all’interno di famiglie omogenitoriali.

Il ricorso ai tribunali si è reso necessario perché attualmente mancano, in Italia, norme specifiche che riconoscano esplicitamente i legami affettivi con il cosiddetto genitore intenzionale, il più delle volte il co-padre o la co-madre del genitore biologico o genetico.

Le principali sentenze in questa materia sono raccolte e commentate sul sito web www.articolo29.it.

Le ultime novità

Una novità recente è la sentenza della Cassazione del 3 aprile 2020, la n. 7668, della prima sezione civile. Il caso riguarda un nato in Italia, tramite tecniche di procreazione medicalmente assistita realizzate all’estero, all’interno di una coppia di due donne.

Le due madri avevano richiesto all’Ufficiale di stato civile del proprio Comune di ricevere la loro dichiarazione congiunta di riconoscimento del neonato, ma questi si era rifiutato, sulla base del fatto che tale possibilità non è prevista nel nostro ordinamento; egli non sarebbe dotato del potere di inserire in un atto dello stato civile indicazioni diverse da quelle previste dalla legge.

In passato, alcuni Comuni non hanno rinvenuto alcun problema nel ricevere la dichiarazione congiunta di riconoscimento delle due madri e hanno proceduto a formare l’atto di nascita con l’indicazione di entrambe.

In altri casi di rifiuto invece, il Tribunale cui si erano rivolte le madri ha interpretato la normativa esistente senza rinvenire alcuna ipotesi di divieto, ordinando quindi all’ufficiale di stato civile di procedere all’iscrizione di entrambe sull’atto di nascita.

Così, ad esempio, il Tribunale di Pistoia, decreto 5 luglio 2018, e il Tribunale di Bologna, decreto 6 luglio 2018 che hanno riconosciuto il diritto alla bigenitorialità senza alcuna discriminazione basata sul sesso o sull’orientamento sessuale.

Secondo la sentenza della Cassazione di aprile 2020, invece, non è possibile raggiungere le medesime conclusioni. Infatti, ha stabilito, è corretta l’applicazione della L. 40/2004, sulla procreazione medicalmente assistita (PMA), che vieta espressamente l’accesso a tali tecniche da parte di coppie di persone dello stesso sesso.

Ne consegue che, per gli atti di nascita formati o da formare in Italia, una sola persona può essere indicata come madre, alla luce del rapporto biologico o genetico con il nato.

Scarica il testo della sentenza.

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